Via Vandelli è un’antica strada commerciale e militare del Ducato di Modena che collegava le città di Modena e Massa attraverso l’Appennino e poi le Alpi Apuane. Il sentiero C.A.I. n° 35 percorre in buona parte la via Vandelli e permette oggi rivalutazione di questo panoramico percorso consentendo di nuovo il transito montano a chi che pratica il trekking, la mountain bike, le gite a cavallo e anche, in alcuni tratti, l’escursione con i fuoristrada. Esistono cartine, corredate da informazioni storiche e paesaggistiche per chi vuole ripercorre questa via storica. E’ considerata la prima strada italiana carrozzabile logisticamente gestita. La via Vandelli si presenta in molti tratti ancora oggi perfettamente agibile grazie alla tecnica di costruzione impiegata. I tratti più spiccatamente montani sono rimasti praticamente inalterati.
In Toscana la via Vandelli si snoda attraverso i territori di due province:
Provincia di Lucca: San Pellegrino in Alpe, Castiglione di Garfagnana, Pieve Fosciana, Vagli Sotto
Provincia di Massa Carrara: Massa
Lunghezza: 210 km
Quota maggiore: 1634 m s.l.m. – Monte Tambura
Attrazioni: Cascate di Bucomante, Castello di Monfestino, borgo di Monzone in Emilia Romagna e San Pellegrino in Alpe, Castiglione di Garfagnana, Valle dell’Edron, Passo della Tambura (1.620m) e Massa in Toscana
Storia
La strada poi denominata via Vandelli fu voluta dal Duca Francesco III° d’Este per collegare le città di Modena e Massa. Nel 1741 il sovrano aveva concluso il matrimonio del figlio Ercole con Maria Teresa Cybo-Malaspina, erede del Ducato di Massa e Carrara, e così Modena, per necessità commerciali e strategiche, acquistò l’ambìto sbocco al mare. L’abate ingegnere, geografo e matematico Domenico Vandelli fu incaricato di concepire e disegnare un nuovo tracciato stradale che fosse all’avanguardia dei tempi. La via Vandelli fu quindi così denominata proprio in onore del suo ideatore e costruttore. Infatti la strada rappresenta una sfida tecnica notevole per il suo tempo. Percorre un ambiente montano ripido e impervio attraverso l’Appennino e poi le Alpi Apuane, salendo sulle pendici del Monte Tambura ove la strada raggiunge la quota maggiore (1.634 metri s.l.m.). La costruzione ebbe inizio nel 1738 e finì nel 1751, una lunghezza di 210 chilometri. Vandelli introdusse le linee di livello di quota costante, il che permise la stesura di mappe più realistiche e ricche di informazioni. Al progettista vennero poste determinate condizioni: la strada doveva richiedere una manutenzione minimale e poter permettere il passaggio di carriaggi pesanti, che trasportavano il marmo. Il tracciato non doveva attraversare lo Stato Pontificio, né la Repubblica di Lucca, né il Granducato di Toscana.
Lungo la strada vennero costruite stazioni di manutenzione e stazioni di sosta per il cambio dei cavalli, ostelli, piazzole per lo scarico e il carico delle merci, guardiole per i militi addetti al pagamento dei pedaggi, ecc. Davvero è stata la prima strada italiana carrozzabile logisticamente gestita. La strada aveva numerose diramazioni che servivano per collegare piccole località, fabbriche, cave di pietra e di marmo e miniere di ferro. Con il passare del tempo il traffico attirò i briganti che divennero una minaccia per i mercanti e i viandanti che la percorrevano. Per i reati di brigantaggio, da sempre presenti in quelle zone, era prevista la pena di morte e, nel tratto montano di Resceto, sono ancora visibili, lungo la massicciata stradale, i fori dei pali a cui venivano legati i malfattori. L’immagine del brigante avvolto nel tabarro nero con cappello dalle ampie tese con in mano una lanterna è rimasto nel leggendario locale e permea la tradizione orale con storie di fantasmi.Con l’annessione del Ducato di Modena e Reggio al nascente stato italiano nel 1859, la strada perse importanza e venne sostituita dall’attuale e più moderna strada denominata via Giardini.
Tracciato in Provincia di Modena
Partenza: Modena
Arrivo: San Pellegrino in Alpe (LU)
La via Vandelli inizia da Modena biforcandosi, raggiunge Maranello e Sassuolo e i due rami si dirigono in direzione dell’Appennino verso Serramazzoni, nei pressi delle cascate del Bucamante e il castello di Monfestino. Poi si ricongiungono per raggiungere Montebonello e quindi Pavullo. Prosegue per il castello di Montecuccolo, supera il borgo medievale di Monzone, le selve di Brandola, il ponte del Diavolo a Montecenere e, dopo un lungo tratto ancora ben conservato, arriva a La Santona. Sale poi verso il passo delle Radici, tra le valli del Dragone e dello Scoltena, supera edifici storici come La Fabbrica, le tipiche capanne celtiche, emergenze naturali come il Sasso Tignoso e raggiunge lo spartiacque tra Emilia Romagna e Toscana a San Pellegrino in Alpe.
Tracciato in Toscana
Partenza: San Pellegrino in Alpe (LU)
Arrivo: Massa (MS)
Da San Pellegrino in Alpe, la via procede vicino al dorso del Monte Verrucchiella, una delle varie prominenze del lungo contrafforte che scende verso la valle del Serchio. Le mappe dell’epoca rivelano che qui la via Vandelli proponeva addirittura due percorsi, l’uno alternativo all’altro, detti la Calda e la Fredda, da utilizzare rispettivamente durante l’inverno e durante l’estate lasciando in mezzo la vetta della Verrucchiella. Un singolare e funzionale modo di intendere i cammini a seconda della loro esposizione ai venti, al gelo, alle nevi. Di seguito la strada attraversa la Garfagnana. Da San Pellegrino in Alpe (1.525 m s.l.m.) a Castiglione di Garfagnana e poi Pieve Fosciana; quindi, dopo aver scavalcato il fiume Serchio, risale la valle dell’Edron, fino a Vagli Sotto, la località Arnetola e giunge al passo della Tambura. Da qui (1.620 m s.l.m.) la strada scende in Provincia di Massa-Carrara fino ad arrivare a Resceto e poi a Massa.
Curiosità: La leggenda di San Pellegrino, il santo diviso tra due province
Secondo le credenze popolari, Pellegrino era il figlio del re di Scozia Romano e di sua moglie Plantula. Compì prodigi fin dal giorno in cui fu battezzato. Trascorse una fanciullezza di penitenza, rinunciò alla successione al regno e si recò in Terra Santa, accompagnato da una banda di ladri che aveva miracolosamente convertito. Tornato in Italia, giunse sull’Appennino e scelse per abitazione una caverna, diventando amico di animali selvatici. Giunto all’età di 97 anni e sentendosi prossimo alla morte, si rifugiò nel tronco cavo di un faggio e sulla corteccia incise le storie della sua vita. Molti anni dopo, avvertiti in sogno da un angelo, una coppia di Modena ritrovò il corpo ancora intatto, vegliato da una moltitudine di animali. Sul posto accorsero vescovi e abitanti sia dalla Toscana che dall’Emilia.
Ben presto nacque una disputa su dove collocare il corpo dell’eremita. Per risolvere il dilemma fu deciso di affidare la scelta al volere di Dio. La salma venne posta su di un carretto trainato da due buoi e, nel luogo dove gli animali si fermarono, fu poi costruita la chiesa. Di fatto il santuario è esattamente diviso a metà tra le province di Modena e Lucca, al punto tale che la testa del santo è in Toscana mentre i piedi sono nella regione Emilia Romagna.